Oggi è Lizori

  • Dal 1976 un gruppo di privati guidati dal Prof. Antonio Meneghetti ha riportato il castello di Pissignano all’antico splendore.

    Tutto il recupero è avvenuto con utilizzo di fondi esclusivamente privati. Senza sussidi né sponsor, senza il benché minimo finanziamento pubblico o di terzi, senza alcun intento speculativo.
    Il lungo e laborioso lavoro ha seguito una linea guida fondamentale: rispetto.

    Rispetto per la storia del luogo, per la sua modalità di costruzione, per la stratificazione di secoli di manualità e professionalità che in questo luogo si sono avvicendate nel lavoro. Tutto per esaltare l’unicità del borgo che oggi possiamo ammirare.

    Tre parole in una

    “Lì”, avverbio di luogo, nella nostra lingua, dove

    “Zo”, etimo del verbo greco vivere

    “Ri”, sempre dal greco antico, orao, ossia vedere

    “Lì dove la vita vede”, “lì dove la vita si contempla”

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  • Oggi le pietre di Lizori parlano al visitatore di storia e bellezza; lo invitano a vivere il borgo e a respirarne l’atmosfera unica. Come un tempo il dio Giano Bifronte, in questo luogo venerato, guardava con le sue due facce al passato e al futuro, e dava vita alla stirpe italica che proprio grazie a Giano era la stirpe detentrice di tutto il sapere dell’universo, così anche in tempi moderni il rispetto del suo passato indica agli uomini del tempo presente la guida per il futuro di questo luogo.

    Oggi il Castello di Pissignano è chiamato, da chi lo abita, “Lizori”. Questo è il toponimo di fantasia, se vogliamo il soprannome, con il quale, da più di trent’anni, è conosciuto in Italia e all’estero Borgo San Benedetto, frazione del Comune di Campello sul Clitunno nel cuore dell’Umbria, noto anche come Castello di Pissignano.

    Dolce e musicale, pregnante di senso ancorché coniato per gioco, che cosa significa il nome d’arte prescelto dai tanti che amano questo luogo?

    Tre parole in una. “Lì”, avverbio di luogo, nella nostra lingua, dove. “Zo”, etimo del verbo greco vivere. “Ri”, sempre dal greco antico, orao, ossia vedere. “Lì dove la vita vede”, “lì dove la vita si contempla”.

    Lizori è il luogo dove si respira la possibilità aperta di attraversare un ponte tra le stagioni della storia, perché se il passato ha delle logiche che possono illuminare in modo più costruttivo il nostro procedere razionale, per il futuro abbiamo ancora la possibilità di migliorarci per decidere la nostra strada.

  • Qui non si è voluto soltanto recuperare il passato in quanto tale, ma l’intento, che ancora oggi perdura, è quello di lavorare sull’uomo, che è simbolo di perenne bellezza attraverso il suo quotidiano cammino verso il futuro.

    La stagione della ricostruzione è stata una scuola d’arte nel senso rinascimentale del termine, con tutte le fasi attuative del cantiere integrate ‘a bottega’. Le modalità e i risultati dell’intervento sono stati presentati con successo anche al Congresso mondiale dell’UIA, l’Unione Internazionale Architetti, edizione 2005 ad Istanbul.

    Tecnicamente, il recupero del Borgo è stato condotto all’insegna di una rigorosa fedeltà alla struttura originaria, integrata quando necessario per adattarla a nuove funzionalità. Pietra naturale, cotto, legno, malta bastarda, mattoni fatti a mano, immense travi d’olivo secolare; materiali recuperati fino all’ultimo ciottolo, modalità costruttive riattualizzate dalla più penetrante lettura semantica del preesistente.

    L’intervento a trecentosessanta gradi ha spaziato dal consolidamento statico alle opere di urbanizzazione e alla predisposizione dei sottoservizi. Non solo le singole abitazioni, ma anche tutti gli spazi pubblici: strade, piazze, terrazzamenti affacciati sullo spettacolare panorama… Con la stessa visione d’insieme che si riserva a un corpo organico a cui si voglia restituire vitalità.

    Durante la fase cruciale del recupero del Borgo, fabbri e falegnami, oltre che muratori e carpentieri, elettricisti ed idraulici – in prima linea i singoli proprietari, architetti e ingegneri, medici e insegnanti, professionisti, artigiani e imprenditori, tutti italiani – hanno creato e utilizzato a Lìzori vere e proprie botteghe, che per anni hanno “sfornato” balaustre e infissi, tavoli e armadi, solai, camini, scalinate… Contemporaneamente, l’arte ha contrappuntato sin dall’inizio la visione estetica e funzionale che ha ispirato l’intero intervento.

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