Diario – La gioia di un incontro

La mia casa a Lizori

  • Anni fa cercavo una casa
    appoggiata su un luogo nascosto
    ed aperto al sole.
    Una casa dove incontrare in silenzio
    il mio spirito.

    
    

    L’apparenza doveva essere
    povera ed abbandonata,
    ma viva e solare dentro.
    Mentre cercavo,
    la riconobbi tra le altre,
    che paziente mi attendeva da secoli.
    La incontrai dentro e feci subito festa.

     

    Molti ripararono la propria vita
    sotto i suoi portali che attendevano.

     

    Inutilmente le sue finestre guardavano a valle
    e scrutavano l’orizzonte.

    Quando fu ingolfata di pecore e somari,

    di galline e conigli,
    elevava sospiri
    dal comignolo tarchiato:
    forse sapeva il mio giorno e pazientava.

    Nel pomeriggio di quel giorno

    salii sulla costa come un uomo sul suo cavallo.
    Gli ulivi ridevano
    sventagliandomi tutto l’argento
    e la fontanina sviò in qua e in là.

     

    Mentre le pietre florivano luce
    Per farsi scale di cielo
    la mia casa mi vide… ed esaltò:
    si aprì sulla strada
    e col suo forno caldo
    si stese dentro i miei polmoni.

    In silenzio cantò il suo amore

    ed io portai amici per farla cuore di Lizori:
    là dove la vita vede.
    La spogliai di tutta la pigrizia del tempo
    baciai le sue ferite e rinsaldai le sue vene
    e la vestii più bella di un’alba sul mare.

    Adesso, dopo anni,

    la mia casa a Lizori
    capisce.

  •  

 

 

  • La mia prima volta al Castello di Pissignano suonai il pianoforte.
    Lo feci per un gruppo di amici convenuti per una mostra d’arte nell’antico borgo, ancora abbandonato, ricoperto di rovi, con le mura ed i tetti delle case in rovina.

    Anche le pietre raccontano se le sai ascoltare!

    Con quelle note parlai non solo agli artisti e alle persone ed amici intervenuti. So che più di chiunque altro ascoltarono la mia musica le pietre che ci circondavano, le case aggredite dal tempo, la chiesa dal tetto crollato, le pietre del selciato medievale, che non avevano più alcuna memoria della loro segreta bellezza ma presagirono in quell’atto di vita nuova il loro rigenerato futuro.
    Quel luogo mi aveva emozionato. Tornai, di li a poco, con una manciata di amici al Castello di Pissignano.

    La strada che dalle Fonti del Clitunno, dal piccolo centro abitato di Pissignano, porta fino al suo castello è irta e faticosa. È una strada sterrata, affiancata da coltivazioni di olivo e ti accompagna l’odore forte delle erbe spontanee, dell’elicriso, del finocchio selvatico, della mentuccia, del timo.

    All’interno del castello la vegetazione, l’edera ed i rovi, hanno avvolto gran parte delle abitazioni ma inizio a camminare sul vicolo in salita che ho davanti. Il selciato è totalmente ricoperto di terra ed erbe ma a tratti mostra un opus di sassi, di pietra bianca uguale a quella utilizzata per le costruzioni, che sono quasi tutte dirute e senza tetto.

  • Lizori

Tocco le pietre delle alte mura del castello e nel silenzio assoluto del luogo riesco ad ascoltare soltanto le loro parole che somigliano al soffio del vento leggero di questa giornata di maggio.

  • fbBAB_8085

  • È un luogo dimenticato questo. Un luogo dove sembra che gli abitanti siano fuggiti da tanto tempo. Mi siedo in corrispondenza di uno slargo; forse un tempo era un piccolo orto, all’ombra di una grande pianta di fico. C’è silenzio assoluto e l’unico rumore è il ronzio degli insetti e lo stridire delle cicale. Osservo la casa distrutta dinanzi a me con le sue belle pietre, tagliate tanti secoli fa da mani generose e questa volta mi sembra di ascoltare la voce di quelle pietre. Anche le pietre raccontano se le sai ascoltare!

    Il mio cuore, che fino ad ora aveva battuto per la fatica della salita appena fatta, comincia improvvisamente a riempirsi di gioia. Una gioia incontenibile come quella che ha un bambino di fronte al primo Natale o quella del giovane dinanzi al suo primo amore.
    Mi guardo intorno, corro su e giù per quei vicoli, arrivo alla chiesa e poi ai ruderi che sembrano di un grande palazzo, alla torre altissima e bianchissima che si erge in contrasto con il cielo azzurro di stamane.

    Tocco le pietre delle alte mura del castello e nel silenzio assoluto del luogo riesco ad ascoltare soltanto le loro parole che somigliano al soffio del vento leggero di questa giornata di maggio.
    Corro in quei vicoli, sono estasiato da tutto ciò che mi circonda e mi sembra impossibile che tutto questo sia capitato a me.
    Giungo alla propaggine più a valle del castello e dinanzi mi si apre il più bel panorama sulla Valle Umbra che abbia mai potuto vedere. Rimango senza fiato tanta è l’immensità del cielo e della valle là sotto. Per alcuni istanti chiudo gli occhi. Il Castello di Pissignano è il luogo dove la vita vede.

    Castello di Pissignano – Antonio Meneghetti, maggio 1976