il Recupero

Lizori è uno dei rarissimi castelli triangolari di pendio oggi perfettamente preservati in Italia. Completamente abbandonato, deserto e fatiscente, a metà degli anni ‘70 il Borgo era ridotto ad un cumulo di ruderi, sterpaglie e rovine.

Dal Mastio al torrione ottagonale che incorpora l’antico campanile, dal maniero del signore del borgo a tutte le case all’interno delle mura (non un tetto o un solaio risultavano integri), l’intero insediamento rischiava di andare perso per sempre, come tanti altri in Italia. Riconosciutane l’intrinseca identità al di là delle ferite del tempo, dal 1976 in avanti per questo luogo si è aperta quella stagione di nuova giovinezza che l’ha restituito ai nostri giorni vivo e vissuto. A Lìzori persino l’impianto del Borgo – a forma triangolare con diagonali a terrazzo, architettura funzionale e concentrica che si distribuisce in un andirivieni di strade parallele che hanno però una rapida discesa verticale l’una con l’altra – è il massimo del piacere del naturismo panoramico.

  • La stagione della ricostruzione è stata una scuola d’arte nel senso rinascimentale del termine, con tutte le fasi attuative del cantiere integrate alla bottega.
    Le modalità e i risultati dell’intervento sono stati presentati con successo anche al Congresso mondiale dell’UIA, l’Unione Internazionale Architetti, edizione 2005 ad Istanbul. Tecnicamente, il recupero del Borgo è stato condotto all’insegna di una rigorosa fedeltà alla struttura originaria, integrata quando necessario per adattarla a nuove funzionalità.
    Pietra naturale, cotto, legno, malta bastarda, mattoni fatti a mano, immense travi d’olivo secolare…, materiali recuperati fino all’ultimo ciottolo, modalità costruttive riattualizzate dalla lettura del preesistente.
    L’intervento ha spaziato dal consolidamento statico alle opere di urbanizzazione e alla predisposizione dei sottoservizi.
    Non solo le singole abitazioni, ma anche tutti gli spazi pubblici: strade, piazze, terrazzamenti.

    Lizori è un luogo dove si respira la possibilità aperta di attraversare un ponte tra le stagioni della storia: perché “non soltanto il futuro è avvincente, ma anche il passato ha delle logiche che possono illuminare in modo più costruttivo il nostro procedere razionale”.
    Qui non si è voluto soltanto recuperare il passato in quanto tale, ma l’intento, che ancora oggi perdura, è quello di lavorare sull’uomo, che è simbolo di perenne bellezza attraverso il suo quotidiano cammino verso il futuro.
    Fin dall’inizio, lo scopo di questo recupero per Meneghetti era infatti “restaurare quell’anima dell’uomo perenne che è il portante di valori su questo meraviglioso pianeta. Un uomo laborioso nel suo luogo, ma aperto – come intelligenza e come messaggio – alla nuova globalizzazione.
    Un uomo radicato come albero nel suo posto storico – nella solitudine maestra e artigiana di se stesso, in un pezzo di perfetta ecologia ambientale e civica – per radiare da questa pienezza come operatore di valori sociali, come maestro di civiltà in sviluppo”.